Tomba del Boccaccio
In conformità alla legge leopoldina del 1783 che proibisce la sepoltura nelle chiese, la tomba del Boccaccio viene aperta e le ossa vengono “trasportate e sparse nel cimitero della chiesa priora dei Santi Michele e Iacopo”.
Il primo a sollevare un’aspra polemica è Lord Byron che, nei versi del IV canto del Childe’s Harold Pilgrimage del 1818, denuncia la distruzione della tomba del poeta.
E’ don Alessandro Pieratti, preposto di Certaldo, ad affermare, nel 1913, di avere scoperto la vera tomba del poeta in fondo alla chiesa in corrispondenza del primitivo ingresso seguito, nel 1921, dall’ing. Antonio Marzi che attribusce al certaldese un teschio rinvenuto in una parete della casa del Boccaccio.
Nello stesso anno per accertare se le ossa appartenessero realmente al novelliere, la direzione generale delle antichità e belle arti affida l’incarico a una commissione di cinque membri presieduta da Domenico Tordi.
Solo nel dopoguerra, nel 1949, si tiene il convegno nazionale di studi per l’accertamento e il riconoscimento ufficiale della tomba del Boccaccio (Convegno dei Dotti).
Dopo quattro anni Giuseppe Fontanelli, durante una riunione della società storica della Valdelsa dimostra che il teschio e l’anfora dove è racchiuso, attribuiti finora al Boccaccio, provengono invece dagli scavi rinvenuti nella zona archeologica certaldese.