Pietro Benvenuti (Arezzo, 1769 – Firenze, 1844)
Avviato allo studio della pittura da Cimica, nella città natale, a dodici anni entrò nell’Accademia di Belle Arti di Firenze, istituita proprio nel 1781, dove seguì gli insegnamenti di Giuseppe Piattoli e Pietro Petroni e dove ottenne il primo premio nel soggetto d’invenzione con Enea che fugge da Troia, donato poi al generale Du Pont durante l’occupazione francese. Dal 1792 al 1804 soggiornò a Roma – tranne brevi viaggi di pausa ad Arezzo e Napoli -, grazie all’interessamento dell’abate aretino Bonfiglioli, stringendovi amicizia con Vincenzo Camuccini, col pittore danese Carstens, con lo scultore Bertel Thorwaldsen e dove fu notato da facoltosi mecenati stranieri quali Bristol e Wycombe. Nel 1794, su incarico del vescovo di Arezzo, dipinse Il martirio di San Donato (Arezzo, Duomo) e quattro anni dopo ottenne dallo stesso la commissione di una grande tela raffigurante Giuditta, destinata anch’essa al duomo aretino, ma acquistata invece da Lord Bristol; il Benvenuti dovette dunque eseguire una replica dell’opera che fu pronta per la collocazione nel 1803 e motivò un’apposita tappa ad Arezzo del Canova.
Durante gli anni romani eseguì per il Bonfiglioli una Morte di Socrate e per il conte di Perugia un Platone che svolge l’insegnamento di Socrate. Sempre ai primi dell’Ottocento risalgono lavori eseguiti per Federico Manfredini primo ministro di Ferdinando III a Firenze e varie opere di tema sacro. Accademico di San Luca già nel 1803, anno in cui diede inizio alle Nozze di Amore e Psiche della collezione Camuccini – terminate solo nel 1817 - , un anno dopo venne nominato direttore dell’Accademia fiorentina ed ivi si trasferì dopo essersi sposato e aver esposto al Pantheon una copia della Giuditta (Napoli, Capodimonte). Numerose furono subito le commissioni di ritratti da parte di nobili borghesi, nonché di grandi tele a soggetto sacro o storico; durante la reggenza napoleonica di Elisa Baiocchi poi, il Benvenuti fu considerato a tutti gli effetti pittore ufficiale di corte. Nel 1809 infatti – anno in cui, tra l’altro, si recò a Parigi dove conobbe David, ricevette dall’imperatore in persona l’incarico per la grande tela del Giuramento dei Sassoni (Firenze, Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti).
L’opera fu terminata nel 1812 ed esposta all’Accademia e, inviata a Parigi, vi rimase fino al 1815, anno in cui il nuovo governo, caduto Napoleone, la restituì in dono all’artista. Fu proprio in quest’anno che il pittore si recò di nuovo a Parigi, stavolta a nome del governo della Toscana restaurata, per curare il recupero delle opere d’arte sequestrate dai francesi e nel 1817 potè intraprendere, committenti i Lorena, gli affreschi con le Storie di Ercole nell’omonimo salone di Palazzo Pitti, ultimati nel 1829. Negli anni segnati da da questo importante incarico mise mano anche alla preparazione dei disegni per gli affreschi con Storie dell’Antico e del Nuovo Testamento della Cappella dei Principi (Firenze, San Lorenzo), che terminò nel 1836. Di due anni dopo è la sua ultima commissione granducale: il Cristo e i fanciulli esposto nel 1838 all’Accademia, di cui l’artista eseguì anche una replica per la cappella della villa di Frosoni del Marchese Feroni.
da La pittura in Italia - L’Ottocento. Dizionario biografico degli artisti. Electa